Un po’ di tempo fa una persona di mia conoscenza si è trovata a dover affrontare un grosso e delicato intervento chirurgico. Le probabilità che questo non andasse a buon fine non erano trascurabili. L’équipe che l’aveva in cura propose a questa persona di andare dallo psicologo per aiutarsi. La persona in questione (cui poi l’intervento per fortuna è perfettamente riuscito!) non ci è mai andata. “Dallo psicologo? No! Non sono mica matta!”, diceva.
Quanti si riconoscono in questa frase? A quanti è capitato di averla pensata?
Questa come tante altre sono pregiudizi che circondano la figura dello psicologo. Come tutti i pregiudizi, anche questi nascono dall’ignoranza intesa come mancanza di conoscenza e dalla paura che accompagna sempre l’ignoto. Nel nostro Paese purtroppo la cultura psicologica è alquanto scarsa. Vediamo allora qualche “psico-pregiudizio” proveniente dall’esperienza e dal web e proviamo a scuoterlo.

cit. web
“Se vado dallo psicologo allora sono matto”
Si tratta di un pensiero estremamente diffuso: l’idea di avere qualcosa di sbagliato, di essere malato (o matto addirittura) per lasciarsi anche solo avvicinare dall’idea di rivolgersi ad uno psicologo. Come se non bastasse, questi pensieri si trascinano dietro il senso di vergona legato a ciò che penserebbero gli altri se sapessero che si è intrapreso un percorso psicologico. Un po’ come se si diventasse portatori di una “lettera scarlatta”.
Tutta questa catena di pensieri tristemente non fa che peggiorare la situazione: avverto un disagio, penso di chiedere aiuto, ma poi concludo che non posso farlo perché non sono matto e perché non vorrei essere giudicato dagli altri… Conseguenza: resto solo con il mio disagio, appesantito da non poter perseguire la via individuata per recuperare benessere.
Forse vale la pena chiedersi cosa si è guadagnato? E magari dare un occhio anche a cosa si sta perdendo…
“Psicologo e psicoterapeuta sono sinonimi”
Non è così.
Per dirla in due parole: lo Psicoterapeuta ha compiuto un percorso di specializzazione post universitaria in Psicoterapia, mentre lo Psicologo è “solo” laureato in Psicologia. La differenza nella quantità degli anni di studio comporta una diversità nelle competenze e quindi nelle possibilità di intervento.
Per una spiegazione più approfondita leggi qui la mia FAQ dedicata.
“Lo psico si occupa esclusivamente dei disturbi mentali”
Esistono molti ambiti in cui lo psicologo può intervenire. La cura della patologia mentale è soltanto uno. Ci sono colleghi che lavorano nello sport, nella formazione, nelle scuole, nelle aziende, nell’assistenza delle malattie croniche, nella ricerca…
“Lo psico interviene quando c’è malessere”
Se con “malessere” si intende la “molla” che porta una persona a ricercare un aiuto, l’affermazione può essere vera in parte, ma di certo non è esaustiva. Lo psicologo è un professionista della salute, il suo lavoro non si esaurisce con la cura del disagio, ma la sua attività è finalizzata sia alla prevenzione che alla promozione della salute.
Nella prevenzione rientrano gli interventi rivolti ad impedire l’insorgenza di malattia o la sua progressione. Per promozione si intende il processo di salutogenesi (la costruzione della salute stessa), quindi tutte quelle attività finalizzate a migliorare le condizioni di salute e di vita della persona.
“Lo psicologo mi legge nella mente e mi manipola”
Me lo sono sentita ripetere svariate volte e posso assicurare che, oltre a non essere vero, provoca non poco fastidio. Gli psicologi non hanno poteri magici! Forse potrebbe essere divertente leggere nella mente degli altri, ma non siamo in grado di farlo…non provocateci inutile frustrazione!
E no, lo psicologo non “analizza” chiunque incontra mentre parla. Lo fa solo quando c’è una richiesta di aiuto. Non lavora gratis.
“La terapia provoca dipendenza”
Al contrario: obiettivo generale dei percorsi terapeutici è liberare l’altro dalle dipendenze. Fargli scoprire e riattivare le risorse in modo tale che questi possa procedere in autonomia verso il proprio progetto di vita.
“Parlare con un amico è lo stesso!”
Gli amici sono risorse importanti e fidati compagni di giorni lieti e meno lieti, ma benché possano avere buone capacità di ascolto, non sono formati per accompagnare e sostenere una persona in un percorso decisionale, di cambiamento, di ristrutturazione della personalità. Solitamente tendono a dare consigli e probabilmente a giudicare.
Attenzione: lo psicologo non dà consigli, non fornisce suggerimenti e non giudica. Piuttosto cerca di far sì che sia proprio la persona, in quanto migliore esperta di se stessa, a trovare dentro di sé le risposte necessarie e migliori per prendere decisioni e perseguire il proprio progetto di vita. A differenza dell’amico, lo psicologo è completamente disinteressato.
“Prendere una medicina è lo stesso!”
Gli psicofarmaci sono sostanze che aiutano a placare i sintomi, necessarie quando c’è una psicopatologia di un certo livello. Ci sono situazioni in cui non si può prescindere dal loro aiuto. In molte altre, però, non è detto che siano così imprescindibili. Il rischio è che la persona che li assume benefici dell’attenuazione dei sintomi e si convinca di essere migliorata o guarita. In seguito alla sospensione della terapia, però, i fastidiosi sintomi ricompaiono. Che delusione! Questo perché il farmaco placa il sintomo, ma non la causa scatenante. Nel caso di una perdita, ad esempio, il farmaco aiuta a sentirsi meno tristi, ma non può né lenire il dolore dell’assenza, né attenuare la mancanza, né facilitare la persona a riorganizzare la propria vita.
Il farmaco non può sostituirsi a noi e alla nostra responsabilità nella gestione della propria vita. Non può modificare i pregiudizi, né fornirci abilità sociali mancanti.
Il lavoro psicologico permette di ottenere dei miglioramenti profondi attribuibili alle capacità della persona stessa e il benessere conquistato non è forse immediato, ma certamente duraturo nel tempo. Al contrario il farmaco riesce ad offrire un sollievo immediato (anche se spesso prima di apprezzarne gli effetti deve trascorrere un periodo di tempo non trascurabile), ma più effimero.
Vale la pena ricordare che ogni farmaco ha degli effetti collaterali e che qualora fosse richiesto un intervento farmacologico, questo funziona meglio se associato ad una psicoterapia.
“La terapia dura tanti anni”
Non è possibile stabilire a priori e con accuratezza la durata di un percorso psicologico. I fattori influenti sono molteplici. Durante il cammino non è raro che emergano nuovi elementi che possono far optare per delle deviazioni sul percorso inizialmente ipotizzato comportando una modifica dei tempi eventualmente previsti.
Molto dipende anche da quanto il cliente è “allenato” a muoversi su queste strade.
In generale i percorsi psicologici durano il tempo necessario, gli obiettivi del lavoro vengono concordati insieme da cliente e professionista. Il cliente ha sempre la possibilità di interrompere il percorso qualora lo ritenga opportuno per varie ragioni.
“I percorsi psicologici sono costosi”
Sicuramente rivolgersi a un professionista che ha studiato anni, ha svolto tirocini gratuiti e si è sottoposto ad una psicoterapia personale ha un suo costo. Quel denaro è un investimento per il proprio benessere.
Probabilmente converrebbe fare una riflessione sul perché molti di noi sono disponibili a spendere cifre consistenti per miracolosi prodotti di bellezza o interventi estetici di vario tipo, ma non lo sono altrettanto per un percorso finalizzato a migliorare il benessere della persona con se stessa e con gli altri.

cit. web
“Nessuno può capire come mi sento”
Gli psicologi sono “addestrati” proprio per questo. Hanno sviluppato nel corso degli anni di studio e di pratica la capacità di mettersi nei pani dell’altro, senza lasciarsi allagare né sopraffare dalle loro emozioni. Non hanno la presunzione di sapere a priori come l’altro vive e si sente in una certa situazione. Ogni persona interpreta e sente in modo diverso uno stesso evento. E ogni evento si inserisce in modo diverso nella vita dei singoli e assume connotazioni differenti in funzione della storia di ognuno.
I professionisti “psico” hanno la disponibilità ad ascoltare l’altro per farsi accompagnare nel suo proprio mondo, così da poterlo davvero vederlo attraverso gli occhi del cliente.
“Chiedere aiuto è da deboli”
Niente di più disorientante. Riconoscere di avere una forma di disagio e quindi bisogno di aiuto è segno di forza, di coraggio, di disponibilità e di amore verso se stessi. Attenzione: non significa non avere paura, timore. È naturale che queste emozioni siano presenti. Sta ad ognuno di noi decidere da cosa farsi guidare nelle proprie scelte.
“Scoprirò di me cose che ignoro”
È altamente probabile che un percorso di esplorazione di sé porti a scoprire qualcosa su cui prima non si era posta l’attenzione. Potrebbe trattarsi di qualcosa di gradevole e in questo caso non ci sarebbero problemi, ma potrebbe anche trattarsi di qualcosa di più fastidioso e faticoso. È importante considerare che in un percorso non si è mai da soli. Il professionista è costantemente al fianco del cliente, disponibile ad accompagnare a sostenere l’altro, nonché ad accogliere qualunque vissuto, scoperta, stato d’animo, con rispetto e assenza di giudizio.
“Lo psicologo ascolta passivamente in silenzio quel che dico”
Beh che lo psicologo ascolti è certo, ma non si fa riferimento ad un ascolto annoiato e giudicante magari accompagnato da uno sguardo dall’alto verso il basso. Si tratta al contrario di un ascolto rispettoso e attento, non giudicante. Sapere ascoltare è una parte fondamentale della relazione, per instaurare la quale è necessario essere disponibili ad entrare nel mondo dell’altro. Questo è possibile solo attraverso un ascolto attivo.
Il lavoro psicologico non si esaurisce solo nell’ascolto. I colloqui non sono dei lunghi monologhi dei clienti: lo psicologo aiuta la persona a focalizzarsi sugli aspetti importanti, a guardare le cose da un punto di vista alternativo, a guidare una modificazione attiva di ciò che non funziona efficacemente. Cliente e professionista insieme sviluppano un processo creativo di comprensione e riorganizzazione.
“Posso farcela da solo”
Senza dubbio ognuno di noi è dotato di risorse e capacità quasi sconosciute, ma in grado di attivarsi al momento opportuno. Ciò a cui è bene fare attenzione è non cadere nella trappola del “di fronte ad ogni situazione sarò forte e autonomo”. Un pensiero così rigido non può che essere di ostacolo al cambiamento e alla ristrutturazione. Un’aspettativa così elevata verso se stessi non può che imbrogliare e deludere.
Riconoscere di aver bisogno di aiuto non distrugge l’idea di sé di persona “in gamba”, al contrario la arricchisce. Rivolgersi ad un professionista è un atto di umiltà, di consapevolezza e di amore verso la propria persona.
“Io sono fatto così”
Come sopra. La rigidità non è che un ostacolo nascosto dietro un’effimera idea di sé.
PENSIAMO ALLA SALUTE…
Dopo questo excursus su alcuni “psico-pregiudizi” diffusi domandiamoci:
Perché la sofferenza fisica è considerata normale e quindi normale è cercare un aiuto specialistico, mentre la sofferenza psicologica deve passare in secondo piano? Magari nascosta, ignorata. Perché due pesi e due misure? Eppure secondo l’OMS la salute non è solo l’assenza di malattia, ma un più ampio stato di benessere fisico, sociale e mentale. Tale concetto è stato poi recentemente ampliato, per cui la salute è la capacità di adattamento e di autogestione di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive.

cit. web
PROMEMORIA
Alla luce di queste righe, allora, può essere illuminante ricordare:
- I problemi psicologici fanno parte della vita di tutti, sono molto diffusi, molto più della psicopatologia. Sottovalutarli non è necessariamente sinonimo di intelligenza/lungimiranza…
- Lo psico è un professionista della “relazione d’aiuto” il cui obiettivo è migliorare la qualità della vita delle persone, quindi è tutto da guadagnare!
- Rivolgersi allo psicologo tempestivamente consente di prevenire l’instaurarsi di un disagio più strutturato che potrebbe compromettere il funzionamento della persona.
- Cercare un aiuto psicologico non significa avere un disturbo mentale. Nella vita di ognuno ci sono dei momenti di maggiore fragilità in cui le proprie risorse sembrano bloccate, momenti di sofferenza emotiva, momenti di difficoltà legati a una scelta da dover prendere, a un cambiamento cui adattarsi…
Così come si è attenti a prendersi cura del corpo, mantenendolo giovane e tonico, così dovremmo riservare delle attenzioni all’allenamento della mente, del nostro mondo emotivo. Ciò consentirebbe di liberarsi dalle zavorre del passato e di gestire il presente e il futuro con maggiore destrezza.
Si va e si può andare dallo psicologo per prendersi cura di sé.